Nel 1556, il libraio Clément Baudin pubblica il Pinax Iconicus antiquorum ac variorum in sepulturis rituum che riprende un’opera dell’umanista ferrarese Liglio Gregorio Giraldi, pubblicato a Basilea nel 1539. Il libro si distingue per il piccolo formato oblungo e per la qualità della sua iconografia realizzata dal giovane incisore lorenese Piere Woeiriot. È probabilmente Barthélemy Aneau il terzo protagonista responsabile della pubblicazione, la cui prefazione latina è indirizzata dal libraio agli antiquari lionesi (« antiquariis »). Le nove incisioni del Woeiriot sono dedicate ai funerali e consentono all’incisore di rendere omaggio ai lionesi appassionati d’antichità, cioè a Hugues du Puis e Martin de Troyes. Woeiriot, infatti, riproduce le dimore dell’uno e dell’altro in paesaggi che servono come quadro alle diverse ceremonie : il castello della Motta appare nei Funerali dagli Egizi, la casa della Ferrandiera nei Funerali dagli Sciti. Altre citazioni, più discrete, celebrano altri proprietari di antichità come François Laurencin, che compare nell’elenco dei collezionisti di medaglie che Hubert Goltzius stende nel suo libro Iulius Caesar Sive Historiae Imperatorum […] ex Antiquis Numismatibus Restitutae (Bruges, 1563). Sembra che avesse una vena da sfruttare in questi anni poiché nel 1558, il consolato di Lione versa l’importo di 24 lire a Jacques Brunet per « aver fatto diverse descrizioni delle antichità della città di Lione ». Ciò spiega probabilmente perché la passeggiata archeologica che descrive il Simeoni nell’Origine et le antichità di Lione devia dalla parte della Ghigliotiera per rappresentare un cippo funerario e una grande urna di vetro alla « Motta sopra alla Madalena », cioè al castello della Motta, poi due cippi e tre grandi urne di terra « alla Ferrandiera vicina alla Motta ». Come Baudin, Simeoni sperava di conquistare il favore degli antiquari approfittando dello status symbol che implicava il titolo.