L’impresa di Fetonte

9-Phaeton
Foglio del Dis­cours fran­cois…, 1556.
Firenze, Biblio­te­ca Medi­cea Lau­ren­zia­na, ms. Ash­burn­ham 1376, f. 70r
© Biblio­te­ca Medi­cea Laurenziana

In ques­ta impre­sa, Simeo­ni si ritrae di nuo­vo e des­crive i rap­por­ti che lo lega­no al Du Choul, mos­tran­do così il posto capi­tale del bailly nel manoscritto :

Final­mente o bene o male che io m’habbia ordi­nate, dise­gnate & inter­pre­tate queste tante Imprese, si non voglio io man­care di met­ter­cene ancho­ra un’altra tro­va­ta secon­do la mia fan­ta­sia, & acco­mo­da­ta à tut­ti huo­mi­ni di grande intel­let­to, ch[e] desi­de­ra­no di fare innan­zi alla morte qualche cosa memo­ra­bile secon­do la loro natu­ra gene­ro­sa, imi­tan­do l’essempio di Fetonte, ancho­ra ch[e] fos­se­ro cer­ti di capi­tare male come fece lui, il quale volen­do gui­dare per il cie­lo il Car­ro di Febo suo Padre, & per tale mez­zo illus­tratre il suo nome, cadde di Cie­lo in ter­ra, annega[n]dosi nel Pò, & non di meno mons­trò ch’ei mori­va conten­to con queste parole in boc­ca. MAGNIS TAMEN EXCIDIT AVSIS, cio ch[e] ancho­ra fu tro­va­to buo­no da Ver­gi­lio quan­do ei disse : ET PVLCHRVM MORI SVCCVRRIT IN ARMIS. & nell’ultimo dal mede­si­mo Petrar­ca, dove ei dice. Vn bel morir tut­ta la vita hono­ra. (ms Ash­burn­ham, f. 121r-v)

L’inizio del dis­cor­so è una consta­ta­zione. « & per tale mez­zo illus­trare il suo nome » ricor­da l’ingrato lavo­ro di tra­du­zione al quale si era impe­gna­to il Simeo­ni durante i pre­ce­den­ti mesi. Del res­to, il ter­mine « har­dy » (nel tes­to fran­cese) è impie­ga­to da Simeo­ni per auto­con­gra­tu­lar­si per aver fat­to la tra­du­zione delle Epistres Fran­çoises, pre­so dal furor (Epi­tome de l’origine et suc­ces­sion de la duché de Fer­rare…, 1553, Paris, Cor­ro­zet, f. 44–45).

Il rife­ri­men­to a Fetonte e a suo padre Febo tro­va un’eco nel­la rela­zione che lega­va Simeo­ni e Du Choul. Il pas­so di Ovi­dio, infat­ti, riguar­da il rico­nos­ci­men­to del figlio da parte del padre, una tras­po­si­zione mol­to lusin­ghie­ra per Du Choul. La cita­zione del mito ovi­dia­no indi­ca il desi­de­rio pro­fon­do del Simeo­ni di assi­cu­rare la suc­ces­sione dell’antiquario lionese.

Ques­to foglio è inter­es­sante anche per­ché è pre­sente una trac­cia dell’annotazione del­la mano del libraio, Guillaume Roville. Il suo com­men­to riguar­da l’invenzione pro­pria dell’impresa dell’uomo « arri­si­ca­to ». Roville ha scrit­to « per ques­to o met­tere un capi­ta­no che com­batte o un console che rimane alla bat­ta­glia o altro come mos­tran­do per­ico­lo nel­la for­ma del­la det­ta can­zone ». È al Simeo­ni che si indi­riz­za ques­to invi­to a ripren­dere il dise­gno, per sos­ti­tuire un’immagine che sia conforme alla can­zone del Petrar­ca di cui Roville pre­vede una nuo­va edi­zione nel cor­so dell’anno 1558. Simeo­ni ha cer­ca­to il model­lo del cor­po dell’impresa pres­so un’autorità cita­ta dal Gio­vio : Gio­van­ni Ber­nar­di da Cas­tel Bolo­gnese. La Cadu­ta di Fetonte dell’impresa di Simeo­ni è, infat­ti, copia­ta fedel­mente, per quan­to riguar­da l’anatomia e la posi­zione, su un grande inta­glio su cris­tal­lo di roc­ca inci­so, com­pos­to nel 1533 cir­ca, a Roma, da Gio­van­ni Ber­nar­di a par­tire da un dise­gno di Miche­lan­ge­lo, oggi conser­va­to al Musée Natio­nal de la Renais­sance a Écouen.