La teoria dell’impresa di Giovio e Simeoni
Secondo Paolo Giovio, le cinque condizioni della perfetta impresa prevedono :
- un equilibrio calcolato tra l’anima (il motto) e il corpo (l’immagine) dell’impresa ;
- un giusto mezzo tra interpretazione troppo oscura o troppo evidente ;
- soggetti piacevoli per le immagini dell’imprese (stelle, sole, luna, acqua…) ;
- l’esclusione della figura umana ;
- la brevità, cioè due o tre parole a meno che non fosse un verso, per costruire il motto che doveva essere composto in lingua straniera.
Tra queste condizioni esposte dal Giovio, la quarta condizione costituiva un problema per Simeoni che componeva imprese dove appariva la figura umana e che sosteneva giustamente che un certo numero di imprese riunite dal Giovio stesso non soddisfaceva questo requisito.
« Et perche alcuni hanno gia sopra questa materia à lor modo disputato, dicendo che nell’imprese non si debbono ne armi ne huomini porre, ma solamente cose celesti, o piante, o animali, io harei caro sapere come l’arme dell’Imperio (quale è l’Aquila) con le Colon[n]e d’Hercole fatta per l’Imperatore Carlo quinto, l’arme de i Colonnesi con la Serena, fatta per il S. Stefano da Palestrina (questa privata, & quella publica) & altre imprese, state fatte per diverse (comme quella del salvatico, del trionfo, del S. di Gruer & d’altri) possino tra quelle del Giovio intervenire. » (Dialogo pio et speculativo, p. 4)
Il Simeoni è meno restrittivo sui soggetti che possono fornire modelli alle imprese.
« Io ho trovato grandemente strano, che il Giovio (huomo dottissimo) non trovasse buona l’impresa delle Pesche, cosi bene appropriate & conveniente alla sua natura, con ciò sia che à me pare quanto alla materia delle Imprese, che ei non si debbia osservare se non il subbietto non la sustanza delle cose puramente. » (ms. Ashb. 1376, f. 118r-v)
Simeoni è dunque abbastanza critico rispetto al Giovio e non si esime dal farlo sapere, qualificando il Dialogo dell’imprese come « imperfetto » nel titolo stesso del manoscritto.